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Discorso di Sua Eminenza il Grande Imam di al-Azhar e il capo del Consiglio dei Saggi Musulmani, prof. Ahmed Al-Tayyeb, nella Conferenza del Dialogo dell'Oriente e dell'Occidente tenutasi a Roma
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Discorso di Sua Eminenza il Grande Imam di al-Azhar e il capo del Consiglio dei Saggi Musulmani, prof. Ahmed Al-Tayyeb, nella Conferenza del Dialogo dell'Oriente e dell'Occidente tenutasi a Roma

 

 

Nel nome di Dio il Clemente e il Misericordioso

 

Nel suo discorso alla "Conferenza del dialogo fra Oriente e Occidente" di Roma, il Grande Imam ha sottolineato:

- Nel lungo incontro che ho tenuto con il Papa, abbiamo esaminato gran parte delle questioni che perturbano la coscienza dell'umanità e le causano sofferenza e dolore.

- Al-Azhar con il Consiglio dei Saggi Musulmani è disposto ad offrire tutta la sua esperienza per promuovere l'idea della pace mondiale e della convivenza comune.

- Nei fondamenti delle religioni e nei testi sacri, non esiste nessun richiamo allo spargimento di sangue.

- Senza il patrimonio dei musulmani, non si sarebbe elevata quella civiltà occidentale.

- I musulmani sono le vittime del terrorismo e pagano il suo costo dal loro sangue centinaia di volte più degli altri.

- Ritengo che il nostro dialogo dovrebbe concentrarsi sul tema della religione come una piattaforma di sopravvivenza e che questo dovrebbe avere la priorità su tutte le altre questioni.

- La civiltà umana del XXI secolo non è che un deludente declino culturale e civile rispetto alla civiltà del ventesimo secolo.

- Le religioni monoteiste non possono essere la causa della miseria umana, poiché esse sono state rivelate solo per la guida degli uomini.

- Le guerre scatenate in nome delle religioni sono dovute alla politicizzazione della religione e lo sfruttamento dei loro uomini al fine di raggiungere certe aspirazioni ed ambizioni.

- Costringere l'altro ad abbracciare una certa religione è un atto futile ed assurdo.

Signore e signori,

 

Inizio il mio discorso con il saluto dell'Islam, anzi con il saluto di tutte le religioni divine: Che la pace, la misericordia di Dio e le sue benedizioni siano con voi!

 

Ho appena finito una lunga sessione con il mio caro fratello, Papa Francesco, Papa del Vaticano, in cui abbiamo esaminato gran parte delle questioni che perturbano la coscienza dell'umanità e le causano sofferenze e dolori. Abbiamo anche discusso insieme le future prospettive per l'azione congiunta per alleviare le sofferenze dei poveri, dei miseri e degli oppressi in tutto il mondo. Infatti, io sono molto ottimista perché abbiamo un uomo come Papa Francesco che è un raro simbolo al giorno d'oggi e che ha un cuore pieno di amore e di sincero desiderio che si diffondano la pace, la convivenza comune, l'integrazione tra le civiltà e lo scambio di civiltà tra tutte le persone.

 

Il primo obiettivo del mio discorso a questa riunione è molto specifico: sottolineare la necessità di un dialogo tra Oriente e Occidente e di continuare questo dialogo tra i Saggi delle due parti per salvaguardare la nostra civiltà da ciò che sta per portarla, effettivamente e non in un senso figurato, ai tempi dell'ignoranza e delle tenebre.

 

La violenza reciproca tra l'Oriente e l'Occidente è ormai diventata la caratteristica che isola la civiltà contemporanea dal resto delle civiltà umane passate. Spererei di non aver esagerato se pensasse che la civiltà umana del Ventunesimo secolo, rispetto a quella del Ventesimo secolo,  rappresenti solo un deludente declino culturale e civile e che i produttori delle guerre del secolo scorso, in cui si scatenarono due guerre mondiali provocando la morte di più di 70 milioni di vittime, si accorsero subito dell'enormità del costo e della banalità dei motivi che non valevano nemmeno una goccia di quel sangue sparso in quelle guerre.

 

Anche se i paesi del mondo furono, in quel secolo, suddivisi in due parti molto opposte dal punto di vista filosofico ed economico, la guerra fredda, che garantiva l'equilibrio tra le due parti opposte, fu una guerra senza sangue e forse le nazioni ed i popoli del mondo ebbero, durante quella guerra fredda, ora accesa ed ora congelata, molta sicurezza e stabilità e si sentiva che una nuova era senza guerra né morte né distruzione stesse per cominciare, anche se quell'era fu dominata dalla paura dell'ignoto, a volte intensa.

 

Poi, alla fine del secolo scorso, crollò il Comunismo. E di seguito crollarono, uno dietro l'altro, i regimi politici che adottavano la filosofia del Comunismo. In quel momento, ci illudemmo che le cause del conflitto tra l'Oriente e l'Occidente stessero tramontando perché il nemico che stava sfidando la parte occidentale, che la stava minacciando con la distruzione e con l'orrore nucleare e che, con essa, stava condividendo l'espansione e il dominio del mondo, crollò per sempre.

 

Ci si aspettava, anzi si sperava umanamente e moralmente, che iniziasse una nuova era in cui prevalevano le relazioni basate sulla cooperazione e sull'integrazione, in cui prevaleva lo scambio di interessi tra paesi ricchi e i paesi poveri e in cui prevaleva la fertilizzazione incrociata delle culture e delle civiltà tra l'Occidente e l'Oriente. Ci si aspettava che iniziasse una nuova era in cui sia l'Occidente sia gli Stati Uniti assumevano la responsabilità e pagavano non solo la tassa della loro superiorità culturale e tecnica, ma anche la tassa della loro superiorità razziale a cui l'Occidente credette durante le ere del colonialismo e a cui ricorreva sempre per giustificare la sua missione coloniale nei paesi dell'Oriente. Nonostante le critiche e il rifiuto degli antropologi occidentali stessi di questa teoria, la ferma credenza dei paesi europei in questa teoria li obbliga a guidare le nazioni ed i popoli che vengono classificati come inferiori e che hanno bisogno di una parte delle grazie di Dio concesse a questi paesi, come la ricchezza e il progresso tecnico, scientifico, artistico ed umano. Sono sì delle grazie che obbligano a aiutare i popoli svantaggiati che contribuirono, anche loro, allo sviluppo dell'Occidente e al suo progresso nei vari campi della civiltà di oggi.

 

Questa immortale capitale europea, a cui ci incontriamo oggi, è testimone che i musulmani furono una volta pionieri della civiltà, della scienza e dell'arte e messaggeri di illuminazione e di istruzione al punto che si può anche dire che, senza l'eredità dei musulmani, ora la civiltà dell'Occidente non avrebbe il suo attuale ruolo e la sua attuale posizione.

 

Sì, ci si aspettava che, dopo la guerra fredda, il mondo andasse verso la pace, la cooperazione e la convivenza, ma subito tutto ritornò come prima perché la politica mondiale, dominata dalla logica del denaro, della forza e delle armi, volle sostituire la guerra fredda con una nuova guerra tra due parti: la parte dei paesi musulmani e quella dei paesi non musulmani. E se fosse una guerra fredda, come quella del secolo scorso, potrebbe essere tollerata, ma è una guerra di una nuova generazione in cui la vittima stessa si uccide, con i propri soldi e sulla propria terra. È una guerra per procura manipolata da regimi oltremare e da trafficanti di armi. Era allora necessario commercializzare un'immagine deformata dell'Islam, come religione che adotta il terrorismo e che invita all'omicidio, allo spargimento di sangue e alle decapitazioni in nome di Dio.

 

In questo mio breve discorso, non è il tema principale quello di analizzare il fenomeno del terrorismo, le sue cause, i responsabili, chi lo finanzia e come queste organizzazioni terroristiche hanno questa terribile forza e la capacità di muoversi, con il proprio esercito e le proprie armi, dall'estremo Oriente verso l'estremo Occidente in Asia e in Africa nonostante i confini e le barriere tra i vari Stati.

 

Tuttavia, è indispensabile, in questa sede, ricordare alcuni fatti: i musulmani sono le vittime di questo terrorismo e pagano il suo costo con il loro sangue centinaia di volte più degli altri; i musulmani sono anche il bersaglio delle armi del terrorismo che ha colpito la loro economia, distrugge le loro energie e li tiene in uno stato di né vita né morte. Sono tutti degli obiettivi accuratamente scelti e attentamente studiati.

 

Vi chiedo scusa per essermi dilungato discutendo un tema che voi stessi e molti in Oriente e in Occidente sapete già. Ho voluto sottolineare che il nostro incontro di oggi e i nostri precedenti incontri simili non sono un lusso, ma sono una necessità dettata dalla ricerca di una soluzione a questa crisi che, come un tumore, ha cominciato a diffondersi in tutto il mondo e che, da molto, sta cercando una soluzione senza alcun risultato.

 

Sono lieto di assicurarvi che al-Azhar, assieme al Consiglio dei Saggi Musulmani, è disposto ad offrire tutta la sua esperienza  e a collaborare senza limiti per promuovere l'idea della pace mondiale e per consolidare l'idea della convivenza commune e della cultura del dialogo tra le civiltà, le sette e le religioni.

 

Credo che il problema stia nel rapporto tra la guerra e il progresso scientifico il quale è l'emblema della civiltà occidentale moderna. Nel secolo dei Lumi, sembrava un rapporto inverso che, nell'epoca attuale, è diventato una relazione positiva. Con molto ottimismo, i filosofi dell'illuminazione prevedevano che lo sviluppo e la difussione della civiltà fossero in grado di sradicare completamente le guerre. In altre parole: la pace mondiale va di pari passo con la civiltà al punto che il filosofo francese, Condorcet, disse nel 1787: «Più si allarga la superficie della civiltà, più si vedrà scomparire la guerra, la schiavitù e la miseria.».

 

Passò appena un secolo e quel bel sogno divenne un incubo. Un giorno la gente si svegliò alla realtà amara in cui il rapporto tra la scienza e la guerra divenne una relazione positiva che sottolinea, invece: «Più si ha progresso scientifico, più diventano feroci le guerre». Questa realtà venne radicata nella cultura egiziana già dagli anni trenta del secolo passato negli scritti di studiosi di al-Azhar o dei saggi scrittori e pensatori. Una realtà che troviamo oggi negli scritti di molti pensatori occidentali, come il filosofo francese-bulgaro, morto quest'anno, Todorov Tzvetan: «Le culture e tutte le loro componenti tecniche ed artistiche si diffondono rapidamente in tutto il mondo e li conoscono molti ceti della popolazione del mondo, ma le guerre non si sono mai fermate, la miseria non si è mai ridotta e la schiavitù è abolita solo nelle leggi, ma, in pratica, è ancora in vigore».

 

Queste parole del filosofo francese-bulgaro, che riflettono la realtà del nostro mondo di oggi, mi inducono a dire: non c'è speranza di contare sul progresso culturale e civile a domare la bestia infuriata concepita nella coscienza umana contemporanea, soprattutto dopo che quel progresso culturale e civile aveva frantumato tutte le eredità, i valori e l'etica; dopo che aveva ucciso l'istinto della religiosità, che è lo stesso istinto di moralità e virtù con cui l'uomo resiste al commettere crimini contro sé stesso e contro gli altri; dopo che aveva rimosso il confine tra la libertà, come virtù, e l'assurdità e il caos, come vizio riprovevole, al punto che non si può più distinguere il comportamento dettato dai diritti della libera espressione da un altro assurdo comportamento anarchico; e dopo che quel progresso culturale e civile aveva anche trascurato la religione ed i suoi insegnamenti e li aveva sostituiti con assoluta libertà senza limiti. Così abbiamo visto nel comportamento umano contemporaneo e nelle sue azioni ciò che, per quelli che hanno i normali istinti, era, fino a pochi decenni prima, impossibile.

 

Ritengo che il nostro dialogo debba concentrarsi sul tema della religione come una piattaforma di sopravvivenza e che questo debba avere la priorità su tutte le altre questioni, come ad esempio: la laicità, la globalizzazione, … ecc.

 

So in anticipo che la posizione che la religione occupa non è identica in Oriente e Occidente, anzi è molto diversa. So anche che le filosofie materialistiche e atee possono prendere in giro questo punto di vista e considerarlo invito a tornare ai tempi dell'ignoranza e delle tenebre.

 

Ma i popoli che soffrono a causa delle politiche di oppressione, di dominazione, dello sfollamento forzato, dello spargimento del sangue di milioni di vedove, di orfani e di persone vulnerabili e povere, hanno il diritto di dire: «No». Ed io sono con loro qui, nel cuore dell'Europa, per dire: «No». Ma abbiamo anche il diritto di chiedere di raddrizzare il percorso e di chiedere il nostro diritto alla pace  di cui siamo privi, mentre lo godono i cani ed i gatti e gli animali qui e là.

 

Si dirà che il ritorno alla religione e ad i suoi insegnamenti è peggio perché le religioni, avendo delle diverse credenze e delle diverse leggi, sono i più forti motivi di guerre tra i credenti. Potremmo mai ignorare quanto sangue veniva sparso nelle guerre a causa del conflitto tra le religioni e la lotta contro i credenti? Potremmo mai ignorare che l'Europa non si è liberata dalle sue guerre interne finché la religione non sia stata isolata dalla vita delle persone nel cosiddetto secolarismo?

 

Queste obiezioni di cui sono convinti numerosi giovani di oggi – non solo in Occidente, ma anche in Oriente – sembrano, al primo momento, anche accettabili, ma, se una volta discusse alla luce di una corretta ed approfondita lettura della religione che tende a scoprire la sua estrema importanza per la felice vita in questo mondo e la nell'aldilà, non possono essere più accettabili.

 

A queste obiezioni, rispondiamo affermando che le religioni monoteiste, rivelate da Dio ai Suoi Profeti e Messaggeri non possono essere la causa della miseria umana. E come si potrebbe dire una cosa del genere sapendo già che esse furono rivelate solo per guidare le persone alla bontà, alla verità e alla giustizia. Le guerre scatenate in nome delle religioni sono solo dovute alla politicizzazione della religione e allo sfruttamento dei loro uomini al fine di raggiungere certe aspirazioni ed ambizioni. 

 

Tutte le religioni ribadiscono il divieto del sangue umano e invitano a rispettare e ad apprezzare la vita umana. In base alle condizioni di tempo e luogo, le religioni si possono differire in alcuni insegnamenti, ma non si differiscono mai nel divieto di omicidio perché questo divieto è legato a due punti di riferimento: al testo sacro: «Non uccidere!» e  alla coscienza morale che distingue tra il bene e il male. La stessa cosa si può applicare per quanto riguarda il principio del dovere pubblico. Le religioni considerano i saggi e i santi come esperti e custodi di questi organi divini insiti nella natura umana in ogni tempo e luogo.

 

A questo punto, il Corano è strettamente legato al Vangelo e alla Torah perché il Profeta dell'Islam invita agli stessi insegnamenti cui invitarono Gesù e Mosè e i loro predecessori dei profeti e messaggeri. Chi vuole leggere, in due lingue diverse, la stessa legge morale, può leggere la Bibbia e il Corano. Ciò che il lettore può trovare nella Bibbia in un solo punto, può trovare anche nel Corano in più punti. Il miglior esempio di questa realtà sono i Dieci Comandamenti della Bibbia, il prezioso tesoro umano e morale chiamato il sermone di Gesù sul Monte e ciò che possiamo trovare in versi sparsi nel Corano sia nel Testamento di Mecca sia in quello di Medina. Avevo già studiato questo tema e ormai ho una ferma credenza che questi tre libri hanno la stessa fonte e che tutti e tre si assomigliano, in quanto sono come la guida dell'uomo e tendono a salvare la sua vita.

 

Quindi non fa parte delle religioni e dei testi sacri ciò che invita allo spargimento del sangue. Nessuno comportamento dei profeti accennava che lo spargimento di sangue umano è lecito, ma io sostengo che perfino lo spargimento del sangue degli animali nelle leggi divine è proibito e che gli animali sono tutelati da leggi che invitano alla misericordia e alla compassione per gli animali.

 

Non ci sarebbe abbastanza tempo per evidenziare la grande differenza tra guerre a nome delle religioni e le guerre che commercializzano le religioni. Se la religione fosse responsabile delle azioni di coloro che abusano di essa, la nostra civiltà di oggi sarebbe quindi responsabile di due guerre mondiali che causarono, come avevo già accennato, la morte di 75 milioni e sarebbe anche responsabile di tutti i fiumi di sangue che che scorrono oggi in Siria, in Iraq, nello Yemen, in Libia, in Somalia, in Afghanistan e altrove. Questo sangue non si sparge a causa delle religioni, ma a causa dell'ingiustizia umana, a causa della morte della coscienza umana e a causa della mancata compassione per il dolore e per le tragedie degli altri. Non è vero che l'Europa si sia sbarazzata delle guerre finché la religione non si fosse esclusa dai centri di orientamento nella comunità. È invece vero che che l'Europa si è sbarazzata delle guerre quando aveva deciso di farlo dopo che ebbe sofferto le tragedie delle guerre del secolo scorso.

 

A volte, le religioni assumono la responsabilità di essere la causa delle guerre dato che i credenti in tutte le religioni sostengono che la loro religione ha la verità assoluta e che gli altri hanno torto; e che sarà compito di coloro che hanno la verità assoluta di convincere coloro che hanno torto o con la persuasione o con la spada. Questa accusa ha portato molti teologi nel mondo di oggi ad analizzare questo «dilemma». Sono state poste molte domande che vanno dalla necessità di rivendicare il possesso della verità con la necessità di convincere gli altri a ignorare le contraddizioni tra le religioni a causa della difficoltà di distinguere tra verità e illusione ed a causa della subordinazione delle religioni alla legge dell'evoluzione e delle fluttuazioni storiche, come se la verità, agli occhi di questa squadra, fosse un fatto relativo e non assoluto.

 

La mia opinione, che ha attinto dalla filosofia dell'Islam nei confronti di questo tema, è che la credenza religiosa deve essere equivalente alla scienza che non accetta il contrasto in nessun caso, cioè, non accetta il dubbio e l'illusione. Questo richiede necessariamente che la credenza religiosa sia una verità assoluta e che questa descrizione non si possa applicare a ciò che si contraddice con essa.

 

A mio parere, questa è una solida base per ogni religione perché, se si accettasse la verità relativa nella religione e nelle sue convinzioni o si riconoscesse che altra religione, nonostante la contraddizione tra le due religioni nella convinzione, possiede la verità, i credenti dovrebbero quindi scegliere tra due opzioni: o dubitare della loro religione e quindi non si possono definire come credenti, o accettare che la stessa idea è, nello stesso tempo, sbagliata e coretta. Questo è senza nesuno dubbio impossibile perché ogni fedele deve credere che la propria religione, a differenza delle altre, abbia la verità assoluta.

 

A questo punto, bisogna ammettere che riconoscere la relatività di una fede è la distruzione della religione e di tutti i suoi insegnamenti.

 

Il presunto conflitto, in questo caso tra i fedeli contrastanti circa l'unica verità, è un'obiezione impensabile per due motivi: il primo è che i testi divini sono chiari nell'impedire di costringere l'altro ad abbracciare una certa religione che non vuole e ritiene questo fatto come un reato equivalente al reato di uccidere. Ma si aggiunge che cercare di rimuovere la convinzione religiosa è più crudele dal disarmo dell'anima e che il credente in Dio concede la propria anima per la devozione alla sua religione. Il Corano è pieno di versi che mostrano l'assurdità di costringere l'altro ad abbracciare una certa religione perché le credenze sono semplicemente un lavoro di cuore e, come già sapete, al cuore non si comanda. I versetti del Vangelo in questa materia sono molto chiari.

 

Il secondo motivo è che, se costringere l'altro ad abbracciare una certa religione è un atto futile ed assurdo, bisogna quindi rispettare la religione degli altri, anzi lo Stato, dove vivono coloro che hanno religioni diverse, deve consentire loro di praticare liberamente la propria religione, deve fornire loro i luoghi di culto e si deve impegnare di garantire loro questo diritto.

 

In sintesi: credere in una religione è legato alla ferma convinzione che questa religione ha la verità assoluta e che il dovere del credente verso le altre religioni, che lui ritiene che non abbiano ciò cha ha la sua religione, è quello di rispettare le altre religioni ed i credenti in queste altre religioni, esattamente come rispetta la propria religione.

 

È una grande differenza tra il pieno rispetto della religione degli altri e il riconoscimento e la credenza in un'altra religione. In questo ambiente, i militanti e gli estremisti diventano più forti e da questo derivano gli inviti a rifiutare l'altro, a terrorizzarlo e a ucciderlo.

 

Mi scuso per aver prolungato e grazie per la Vostra pazienza.

 

Che la pace, la misericordia di Dio e le sue benedizioni siano con voi!

 

 

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